Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/187

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rico opprimente.... liberarmene, respirare... Bisogna snidarlo questo verme roditore. Mi diranno che sono uno stupido, mi convinceranno che lo sono, mi diranno di smettere.... Ebbene, tanto meglio se mi convinceranno.... Che giornata triste! Il cielo si abbassa.... si abbassa sempre più.... Avrei sonno? Bisogna ch'io vada subito.

Pioveva dirottamente. Anche il Daga sonnecchiava sul suo lettuccio, al di là del paravento.

— Battista, — disse Anania, sollevandosi, col gomito sul guanciale, — tu non esci?

— No.

— Mi presti il tuo ombrello?

Sperava che il compagno gli chiedesse dove voleva andare, con quel tempo orribile, ma il Daga disse: — Non potresti farmi il piacere di comprartene uno?

Anania sedette sul letto, rivolto al paravento, e mormorò:

— Devo andare in Questura....

E sperò ancora che una voce fraterna gli chiedesse il suo segreto.... Ecco, egli palpitava già pensando come cominciare....

Ma attraverso il paravento una voce beffarda chiese:

— Vai a far arrestare la pioggia?

Il segreto gli ripiombò sul cuore, più amaro e grave di prima. Ah, non un paravento, ma una muraglia insuperabile lo divideva dalla confidenza e dalla carità del prossimo. Non doveva