Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/208

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sistenza dei fantasmi e dei mostri che tormentavano il suo compagno, ma per quanto combattesse e gridasse non riusciva a liberarlo dalla sua ossessione, a guarirlo dalla sua follia.

Una lotta continua, un crudele contrasto agitava notte e giorno i due esseri; e il bambino fantastico e illogico, vittima e tiranno, riusciva sempre vincitore. Egli voleva sapere, voleva scoprire, voleva raggiungere il suo intento; e soffriva della vanità della sua ricerca e della speranza di arrivare al suo scopo. Molte volle Anania si era chiesto se, libero dall’amore per Margherita, egli avrebbe sofferto egualmenle in questa sua triste ricerca. E sempre s’era risposto di sì.

La Obinu rientrò verso sera.

— Signora Maria, — disse Anania, aprendo l’uscio, — venga; devo dirle una cosa.

Ella entrò e si buttò a sedere accanto a lui: ansava per le scale salite di corsa, era insolitamente rossa, con la fronte lucente di sudore.

— Perchè sta al buio? Che cosa ha da dirmi, signor Anania? Si sente male?

La sua voce era tranquilla: e di nuovo egli sentì cadere i suoi sospetti, e gli parve ridicolo fare una scena a quella donna stanca che doveva apparecchiare la tavola per i suoi pensionanti.