Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/237

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— E dire che voleva diventare un bandito! Sarei curioso di vederlo! Lo vedrò. Entro questo mese mi recherò certamente a Fonni.

Ah! D’un colpo il suo pensiero tornò là, dove si decideva il suo destino. — La vecchia colomba è nello studio semplice e ordinato del signor Carboni. Ecco, quella è la scrivania dove una sera lo studente ha frugato e.... Oh, Dio, è mai possibile che egli abbia commesso una così vile azione? Sì, quando si è ragazzi non si è coscienti; tutto è facile, tutto è possibile. Come siamo pazzi, da fanciulli! Potremmo anche commettere un delitto con la massima incoscienza! Basta; zia Tatàna è là. Ed anche il signor Carboni è là, grasso, tranquillo, con la catena d’oro scintillante attraverso il petto.

— Ma che cosa dunque dice quella vecchietta? — pensò Anania, sorridendo nervosamente. — Sarei curioso di vedere come se la cava. S’io potessi esser là, non veduto! Se avessi l’anello che rende invisibili; ecco, lo infilerei al dito e.... via.... subito là.... Ma se il portone fosse chiuso, come farci? Ebbene, picchierei, diamine! Mariedda aprirebbe, stizzita contro i ragazzi che picchiano al portone e scappano. Io.... Ma come sono pazzo a pensar queste cose puerili! Uff! non voglio pensarci più!...

Si tolse dalla finestra, prese la candela, scese in cucina, andò a sedersi davanti al focolare acceso. Ma d’un tratto ricordò che era d’estate e si mise a ridere: poi guardò a lungo il gattino rosso che stava davanti al forno, immobile e