Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/254

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Una donna scalza, con un’anfora sul capo, passò in fondo al cortile. Anania trasalì, sembrandole di riconoscere sua madre. Dove era sua madre? Perchè egli non aveva osato, pur desiderandolo, parlarne alla vedova, — e perchè questa non aveva accennato alla sua ingrata ospite? Per sfuggire ai ricordi amari egli andò alla posta e inviò una cartolina illustrata a Margherita; poi visitò il Rettore, e verso il tramonto percorse la strada che guardava sulla immensità delle valli. Vedendo le donne fonnesi che andavano alla fontana, strette nelle tuniche bizzarre, egli ripensò ai suoi primi sogni di amore, quando desiderava d’esser lui un mandriano e Margherita una paesana, fine ed elegante sebbene con l’anfora sul capo, simile alla figurina d’uno stucco pompejano. Come il passato era lontano e come diverso dal presente!

Un tramonto meraviglioso illuminava l’orizzonte: pareva un miraggio apocalittico. Le nuvole disegnavano un paesaggio tragico; una pianura ardente solcata da laghi d’oro e da fiumi porpurei, e sul cui sfondo sorgevano montagne di bronzo profilate d’ambra e di neve perlata, qua e là squarciate da aperture fiammanti che sembravano bocche di grotte e dalle quali sgorgavano torrenti di sangue dorato. Una battaglia di giganti solari, di formidabili abitanti dell’infinito, si svolgeva entro quelle grotte aeree: balenava il corruscare delle armi intagliate nel metallo del sole, ed il sangue sgorgava a