Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/27

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patate: da due giorni Olì non mangiava altro che patate e qualche castagna.

— Anania è vostro parente? — chiese la fanciulla dopo un lungo silenzio, mentre cenavano.

— Sì, mio marito era parente di Anania, ma in ultimo grado, poiché anche lui non era fonnese natio. I suoi avi erano di Orgosolo. Però Anania non rassomiglia punto al beato1, — rispose la donna scuotendo il capo con disprezzo. — Ah, sorella cara, mio marito si sarebbe appiccato ad una quercia prima di commettere l’azione vile di Anania.

Olì si mise a piangere; fece chinare la testa del piccolo Zuanne sulle sue ginocchia, gli strinse una manina sporca e dura, e pensò ai suoi fratellini abbandonati.

— Essi saranno come gli uccellini nudi entro il nido, quando la madre, ferita dal cacciatore, non torna da loro. Chi darà loro da mangiare? Chi farà loro da madre? Pensate che l’ultimo, il più piccolo, non si sa ancora vestire nè spogliare.

— Dormirà vestito, allora! — rispose la vedova per confortarla. — Perchè piangi, idiota?

Dovevi pensarci prima: ora è inutile. Abbi pazienza. Iddio Signore non abbandona gli uccelli del nido.

— Che vento! Che vento! — si lamentò poi Olì. — Credete voi ai morti?

— Io? — disse la vedova, spegnendo la can-

  1. Al morto.