Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/28

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dela e riprendendo il fuso. — Io non credo nè ai morti nè ai vivi....

Zuanne sollevò il capo, disse piano piano: — io cì! — e nascose ancora il viso in grembo ad Olì.

La vedova riprese i suoi racconti: — Io poi ebbi un altro figlio, che ora ha otto anni ed è già servetto in un ovile. Poi ebbi questo. Ah, siamo ben poveri adesso, sorella cara; mio marito non era un ladrone, no; viveva del suo e perciò dovemmo vendere tutto, tranne questa casa.

— Come morì? — domandò la fanciulla, accarezzando la testa del bimbo che pareva addormentato.

— Come morì? In un’impresa. Egli non stette mai in carcere, — osservò con fierezza la vedova, — sebbene la giustizia lo ricercasse, come il cacciatore ricerca il cinghiale. Egli però sfuggiva abilmente ad ogni agguato, e mentre la giustizia lo cercava sui monti, egli passava la notte qui, sì, proprio qui, davanti a questo focolare, dove stai seduta tu....

Il bimbo sollevò la testa, con le grandi orecchie improvvisamente accese, poi la riabbassò sul grembo di Olì.

— Sì, proprio lì. Una volta, due anni or sono, seppe che una pattuglia doveva percorrere la montagna ricercandolo. Allora mi mandò a dire: « Mentre i dragoni mi ricercheranno, io prenderò parte ad una impresa; al ritorno passerò la notte in casa; mogliettina mia, aspettami».