Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/273

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rama. Tutto il monte apparve coperto da un manto violetto di serpillo fiorito; e al di là, la visione delle valli profondissime e delle alte cime verso cui si avvicinavano i viaggiatori, pareva, tra il velo squarciato della nebbia luminosa, fra giuochi di sole e d’ombra, sotto il cielo turchino dipinto di strane nuvole che si diradavano lentamente, un sogno d’artista impazzito, un quadro d’inverosimile bellezza.

— Come la natura è grande, e come è bella e come è forte! — pensò Anania, intenerito. — Nel suo cuore immenso tutto è puro: ah, se ci trovassimo qui soli, tutti e tre, io, Margherita e lei, chi più penserebbe alle cose impure che ci separano?

Un soffio di speranza gli attraversò lo spirito: e se Margherita lo amasse davvero tanto quanto aveva dimostrato d’amarlo in quegli ultimi giorni, e se acconsentisse?...

Con questa folle speranza in cuore camminò lungo tratto, finché raggiunse il fondo del versante di Monte Spada per ricominciare la salita verso la più alta cima del Gennargentu. Un torrente passava in fondo alla valle, fra enormi roccie e boschi di ontani che un improvviso soffio di vento scuoteva. Nel silenzio profondo del luogo misterioso il mormorio degli ontani diede ad Anania una bizzarra impressione; gli parve che la sua speranza animasse le cose intorno, e che gli alberi tremassero, come sorpresi da una gioia arcana.

Ma ad un tratto ricadde nelle sue cupe idee