Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/280

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ebbe una magnifica idea: lasciò soli i suoi ospiti! Ma Anania sbattè la porta e corse irritatissimo dietro zia Grathia.

— Dove andate? Venite, tornate subito, altrimenti vado via anch’io! — disse aspramente, raggiungendo la vecchia su per la scaletta.

Olì dovette sentire la minaccia, perchè quando Anania e la vedova rientrarono in cucina ella piangeva presso la porta, pronta ad andarsene. Cieco di vergogna e di dolore, Anania le si slanciò sopra, l’afferrò per un braccio e la spinse contro il muro, poi chiuse a chiave la porta.

— Nooo! — egli gridò, mentre la donna s’accoccolava per terra, restringendosi tutta come un riccio e piangendo convulsa. — Non partirete più! Non farete più un passo senza il mio consentimento. Rimanete, piangete finchè volete, ma di qui non vi muoverete più. I tempi allegri son finiti.

Olì pianse più forte, tutta scossa da un fremito di spasimo; ma nello scoppio del suo pianto risuonò quasi una frenetica irrisione alle ultime parole di Anania; ed egli lo sentì, e la vergogna subitanea per le mostruose parole pronunziate accrebbe il suo furore.

Ah, il pianto della donna lo irritava, invece di commuoverlo; tutti gli istinti dell’uomo primitivo, barbaro e feroce, vibravano nei suoi nervi frementi: ed egli lo sentiva, ma non sapeva dominarsi.

Zia Grathia lo guardava atterrita, domandandosi se Olì non avesse ragione a temerlo; e scuo-