Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/307

Da Wikisource.

— 301 —

rebbe una vita orrenda, una continua tragedia, meglio morire una buona volta che morire lentamente di rancore e di disgusto. Io non ho mai amato quella disgraziata; ora ne sento pietà, ma non posso amarla; e ti scongiuro di non insistere nel tuo pazzo progetto, se non vuoi farmela nuovamente odiare mille volle più di prima. Questa la mia ultima decisione; sì, aiutarla, ma tenerla lontana, che io non la veda mai, che possibilmente il mondo dove vivremo noi ignori che ella esiste.

«Pensa che anche lei, forse, sarà più contenta di vivere lontana da te, la cui presenza le causerebbe un continuo rimorso. Tu dici che è invecchiata dal dolore, dalle privazioni, miserabile e malata; ma di chi la colpa se non sua? Per te, ed anche per lei, è meglio che ella si trovi in quello stato; così cesserà di vagabondare, e non ti disonorerà più; ma che ella, dopo averti oltraggiato quando era sana e giovane, non si faccia un’arma della miseria e della debolezza per richiedere il sacrifizio della tua felicità!... Ah, questo no, non devi permetterlo mai!

«No, non è possibile che tu compia una aberrazione fatale! A meno che tu non mi ami più e colga l’occasione per.... Ma no, no, no! Neppure voglio dubitare di te, della tua lealtà e del tuo amore!

«Anania, ritorna in te, ti ripeto, non essere malvagio e crudele con me, che ti diedi tutti i miei sogni, tutta la mia giovinezza, tutto il