Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/306

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«Ma è inutile che io ti scriva queste cose, perchè tu certamente le capisci meglio di me; ed è inutile che tu continui ad illudermi e ad invocare sentimenti che io non posso avere dal momento che neppure tu li hai.

«Perchè, vedi, io capisco benissimo che tu vuoi sacrificarti non per affetto, e neppure per generosità, — perchè probabilmente tu odii giustamente la donna che fu la tua rovina, — ma spinto da quei pregiudizi umani inventati dagli uomini per rendersi scambievolmente infelici.

«Sì, sì: tu vuoi sacrificarti per il mondo; tu vuoi rovinarti e rovinare chi ti ama, solo per la vanità di sentire dire: hai fatto il tuo dovere!

«Tu sei un fanciullo, e il tuo è un sogno pericoloso ma anche, permettimi di dirtelo, anche ridicolo.

«La gente, sapendolo, ti loderà, sì, ma in fondo riderà della tua semplicità.

«Anania, torna in te, — sii buono, con te e con me, come tu dici, e soprattutto sii uomo.

«No, io non dico di abbandonare tua madre, debole e infelice, come essa ti ha abbandonato: no, noi l’aiuteremo, noi lavoreremo per lei, se occorre, ma che essa stia lontana da noi, che essa non venga a mettersi fra noi, a turbare la nostra vita con la sua presenza. Mai! mai! Perchè dovrei ingannarti, Anania? Io non posso neppure lontanamente ammettere la possibilità di vivere assieme con lei.... Ah, no! Sa-