Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/75

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Sono loro che rubano i gatti, così, prendendoli al laccio! Meno male che non mi hanno veduto!

— E i denari?

— Nascosti. Andiamo, mammalucco; non sei buono a niente.

Anania non si offese: chiuse la finestra e rientrò nel molino, dove si svolgeva la solita scena. C’era Efes che si grattava le spalle contro il muro, cantando

Quando Amelia sì pura e sì candida....

e il Carchide che raccontava d’essere stato in un paese vicino, per certi suoi affari.

— Il sindaco era amico di mio padre, quando noi eravamo ricchi, — diceva il bel giovine, la cui famiglia era stata sempre miserabile. — Appena sa che io arrivo nel paese, mi manda a chiamare e mi ospita in casa sua. Accidenti, che gente ricca! Trenta servi e sette serve: per arrivare alla casa bisogna attraversare tre cortili, uno dentro l’altro, con muri altissimi: i portoni di ferro, le finestre della casa tutte munite d’inferriate.

— E perchè? — chiese il mugnaio.

— Per i ladri, caro mio. Perchè il sindaco è ricco come il Re.

— Boumh! Boumh! — gridò un uomo che spingeva la spranga.

— Cosa ne sai tu? — riprese il Carchide, guardando l’uomo con disprezzo. — Il sindaco ed i suoi fratelli, quando morì il loro padre, si divisero le monete d'oro con una misura capace