Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/74

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tutti in un gemito rabbioso e straziante; poi cessarono. Silenzio. Che mistero, che orrore! Anania sentiva il cuore spezzarglisi in seno. Che accadeva all’amico? L’avevano preso, l’avevano arrestato? Ora lo porterebbero in prigione; ed anche lui, anche lui subirebbe la sua parte di guai.

Tuttavia non pensò un solo istante a mettersi in salvo, ed attese coraggiosamente sotto la finestra.

Ed ecco un passo, un respiro ansante, una voce sommessa e tremula.

— Anania? Dove diavolo sei?

Anania balzò su, porse la mano al compagno salvo.

— Diavolo, — disse Bustianeddu, ansante, — l’ho scampata bella.

— Hai sentito il fischio? Eppure ho fischiato forte.

— Niente. Ho sentito invece il passo di due uomini, e mi sono nascosto sotto i cavoli. Ecco, sai chi erano i due uomini? Zio Pera e Mastru Pane. Sai che hanno fatto? Ebbene, c’è un laccio pei gatti; il gatto che miagolava era preso al laccio e zio Pera lo ha ammazzato col randello. Maestro Pane prese la povera bestia sotto il mantello e disse, tutto contento: «per Dio, come è grasso!» «Meno male», disse zio Pera, «quello di avantieri sembrava uno stecco». Poi andarono via.

— Oh! — esclamò Anania a bocca aperta.

— Ora lo fanno arrostire, capisci, e cenano.