Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/84

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che sempre sognava, manderebbe il bimbo agli studi, se no ne farebbe un buon contadino: che pretendere di più? E quelli che non riconoscono i propri figli, e che invece di raccoglierli ed allevarli cristianamente, come egli faceva, li abbandonavano alla miseria ed alla mala sorte? Sì, anche certe persone ricche, anche certi signori facevano così. Sì, anche il padrone.... sì, anche il signor Carboni.... Basta, Anania grande si consolava pensando a ciò; tuttavia gli rimaneva in cuore un senso di tristezza, e guardando in lontananza gli pareva di scorgere i nuraghi che circondavano la cantoniera di Olì; e durante l’ora dei pasti, o mentre si riposava all’ombra dei pini sonori, interrogava il figliuolo sulle sue vicende passate. Anania aveva soggezione del padre, e non osava mai guardarlo negli occhi; ma una volta spinto nella via dei ricordi chiacchierava volentieri, abbandonandosi al piacere nostalgico di raccontare tante cose passate. Ricordava tutto; Fonni, la casa e i racconti della vedova, il buon Zuanne dalle grandi orecchie, i carabinieri, i frati, il cortile del convento, le castagne, le capre, le montagne, la fabbrica dei ceri. Ma parlava pochissimo di sua madre, mentre il mugnaio lo tirava sempre su quell’argomento.

— Ebbene, ti bastonava tua madre?

— Mai, mai! — protestava Anania.

— Io so invece che ti bastonava.

— Possiate vedermi senza occhi, se è vero! — spergiurava il ragazzetto.