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Da tre giorni un libeccio furioso sbatteva il mare selvaggio contro la terra nuda: la piccola rada circondata di capanne pareva deserta come lo era tutto l’anno e solo le voci del vento e delle onde urlavano nello spazio.

I due amanti si vedevano tuttavia all’aperto, fra gli scogli. Il primo a scendere fu l’uomo. Cauto, agile, stendendo di tanto in tanto il braccio come per assicurarsi che non c’era nulla di pericoloso intorno, andò a buttarsi sulla sabbia nera, all’ombra. Di là vedeva alla sua destra i monti lividi, sul vicino orizzonte, sotto le nuvole correnti: la luna nuova gettava ombre dorate su tutto quel caos violaceo di pietre che dal versante ripido scendeva poi al mare e terminava in una lunga fila di scogli, a sinistra. Gli scogli bevevano le onde balzanti e le vomitavano come mostri sazi.

L’uomo guardava verso le capanne silenziose, e gli pareva di sentir gemere, fra il rombo del vento e del mare. Forse era qualche malato, — perchè i bagnanti eran quasi tutti paesani infermi venuti dall’interno, da lontano sui carri, sui cavalli pazienti, per tentare di curarsi. Forse era lo stesso marito di lei, piagato e impotente come un lebbroso, che si lamentava