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46 il cinghialetto


bravo codino in su, attorcigliato come un anello: la sua ombra.

Passò un giorno e una notte; anche i fratellini si avanzarono verso il sole e tornarono spaventati dalla loro ombra; la cinghialessa sgretolò le ultime ghiande rimaste fra il musco, grugnendo per richiamare i piccini; e sei di essi, tutti eguali, col pelo a striscie dorate e morate come nastri di seta, accorsero inseguendosi e saltandosi addosso gli uni su gli altri: il settimo, quello che primo s’era avventurato pel mondo, non tornò. La madre volse attorno gli occhi dolci e selvaggi dalle palpebre rossicce, grugnì mostrando le zanne candide come i picchi dei monti, ma il cinghialetto non rispose, non tornò più.

Viaggiava, palpitando, grugnendo, dibattendosi invano entro la calda bisaccia d’un piccolo pastore. Addio, montagna natia, odore di musco, dolcezza di libertà appena gustata come il latte materno! Tutti gli spasimi della ribellione e della nostalgia vibravano nel ringhio del prigioniero; e non è da augurarsi neanche al nostro peggiore nemico lo strazio della sua lunga reclusione sotto un cestino capovolto. Passano le ore e i giorni: una piccola mano che pare coperta da un guanto oscuro, tanto è dura e sporca, introduce una scodella di latte sotto il cestino, e