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64 la porta aperta


sevano le loro tele sopra il baule di pelle di cinghiale col pelo, entro il quale egli conservava le vesti da sposa e da vedova della sua povera mamma.

Per confortarsi beveva qualche bicchierino d’acquavite, e tornava alla finestruola.

Di lassù sentiva l’odore dei dolci che le donne preparavano per la Pasqua, e vedeva il fumo salire dai tetti di assi e di tegole: qualche usignuolo cantava già nella valle, e le nuvolette di aprile passavano sopra l’orticello della chiesa, bianche come bende di fanciulle che il vento avesse portato via da qualche siepe.

Il giovedì santo la vedova uscì dalla casa dello zio e aprì la chiesetta, di solito chiusa; e aiutata da altre donne del vicinato tirò giù il Cristo, lo depose sul pavimento, fra quattro lumini e quattro piattini con germogli di grano, e formò così il Sepolcro. Ma la gente andava tutta nella Basilica, ove si celebravano i Misteri e due veri ladroni (o almeno già stati condannati per furto) venivano legati in croce ai fianchi di Cristo. Simone dalla sua finestruola vide anche lo zio, basso, grasso e saltellante, e la vedova alta, secca e rigida, incamminarsi una dopo l’altro verso la Basilica, e scese, ma uscito nella strada si appoggiò con una spalla al muro e stette a lungo immobile e pensieroso, ascoltando il lontano salmodiare della processione. Era il crepuscolo; la luna nuova cadeva sopra i monti violetti, sul cielo verdognolo, e la stella della sera saliva, e pareva si andassero in-