Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/138

Da Wikisource.

— 128 —

vestirai da signora, col cappello e col velo.... E sarai così graziosa, bruna e sottile come sei... bruna e flessuosa come la fidanzata del «Cantico dei cantici»....

Oh, egli ci teneva, a queste cose. Diceva sempre:

— Il velo rende bello le donne.

Ed ella aveva sognato i vestiti ed i veli che piacevano a lui; poche ore prima nel veder la straniera col suo abito stretto e il velo svolazzante, il ricordo di quei sogni le aveva destato umiliazione e vergogna. Sì, anche vergogna. «Ben ti sta, pazza, — diceva a sè stessa, — tu hai sognato di lasciare il tuo costume, di tradire la tua razza, di far dispiacere al tuo nonno; e tutto questo per un uomo che ti disprezzava. Ben ti sta, ben ti sta! E adesso soffri, tieniti in testa, giorno e notte, il ricordo dell’umiliazione che egli ti ha inflitto abbandonandoti....»

A un tratto lasciò la cassa aperta e si affacciò alla veranda, appoggiando forte i gomiti al legno della balaustrata e ficcandosi le dita fra i capelli sotto il fazzoletto calato sulla fronte.

— È un chiodo.... un chiodo... — mormorò.

Sì, le pareva di aver un chiodo fissato in mozzo alla testa; quel pensiero.... sempre quel pensiero....

Il sole illuminava ancora i tetti delle casupole, ma con un bagliore roseo morente; piccole nuvole gialle e rosse come fiori salivano dietro la chiesa e pareva venissero dalla valle portando fino al villaggio l’odore dei narcisi e delle roso canine. «Egli amava la primavera. Come era allegro, l’anno passato, di quei tempi, quando era tornato in paese per la Pasqua! E adesso? Adesso è là, nella sua tomba di vivente, e non si può muovere: tutta la sua superbia è caduta, come la foglia irta e spinosa del fico d’India quando l’au-