Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/139

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tunno la fa marcire. Peggio per lui: peggio per lui! La gente dice che i vizi lo hanno corroso», — pensa Columba, tirandosi ancor più il fazzoletto sugli occhi, quasi per non vedere il cortiletto, il ballatoio, le nuvole del tramonto. I vizi? No, ella sa che questo non è vero. Jorgj era un ragazzo onesto; mille volte avrebbe potuto abusare di lei e non lo ha fatto. Era quasi freddo, quando si trovavano soli; le parlava di cose che ella capiva vagamente, come una bambina a cui si spiegano cose da grandi; le raccontava storie d’amore, le recitava poesie di cui alcuni versi risuonavano entro l’anima sua come squilli di campane e gridi di falco, mentre il resto le sembrava il mormorio dolce ma confuso del torrente.

Sì, egli era quasi freddo, quasi timido come l’altro, il vedovo, che ancora non aveva osato baciarla.... Ma il vedovo era timido perchè aveva paura di lei, che non lo amava. Mentre Jorgj.... Jorgj ella lo aveva amato pazzamente, e un uomo non è mai timido con una donna che lo ama....

— Ma era lui che non mi amava; ecco perchè era freddo.... Oh!

Si rialzò, si scosse, chiuse le imposte, chiuse la cassa; le sue labbra ripresero quella linea sdegnosa e crudele che faceva paura al fidanzato vedovo. Il chiodo però continuava a tormentarla: era come un pernio intorno al quale si aggiravano tutti i suoi pensieri.

E anche lei riprese ad aggirarsi per le camere silenziose. Un velo di polvere copriva le casse e i vecchi mobili anneriti dal tempo e dal fumo che dalla cucina saliva infiltrandosi in tutte le stanze. Quella ove dormiva il nonno era ingombra di fucili, di «leppas»1), di bisacce e aveva

  1. Grossi coltelli.
Deledda, Colombi e sparvieri. 9