Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/173

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degno di perseguitare. Di voi, uomini, m’infischio; e se domani voglio fare una pazzia e questa non vi reca male che v’importa a voi? Io faccio quello che mi pare e piace!...

Era inutile discutere; il dottore cambiava spesso d’opinione e urlava quando era contento. Quella sera doveva essere molto felice: perchè? Un sorriso malizioso increspò le labbra di Jorgj.

— E lo spirito è ancora riapparso a Margherita?

L’omone si calmò, non solo, ma ricominciò a ridere e a cantare: «Margherita, non sei più tu.... »

— Adesso vi racconterò che cosa ha fatto quella scema....

Pretu si avvicinò silenzioso, fermandosi alle spalle del dottore; l’ombra delle due teste, una enorme e saltellante come un ragno mostruoso, l’altra, profilata e immobile come un disegno in nero, coprirono tutta la parete in fondo alla camera.

— Quella scema dunque è ricorsa alla vostra medichessa, che al solito le ha fatto bere i suoi intrugli. Pare che questi le abbiano sconvolto l’anima. Tutti questi giorni la vedevo melanconica e più scema che mai. Oggi, al ritorno dalla caccia, la trovo buttata per terra, gialla, istupidita: ebbene, ottimo amico mio, sai cosa mi dice? Che ha un serpe nello stomaco! Crepa, le rispondo. E lei piange; mi abbraccia le ginocchia, mi prega di darle il contravveleno! Le ho dato.... due oncie di olio di ricino, e l’ho lasciata che piangeva ancora. Eppure non è cattiva, ottimo Jorgeddu (i suoi occhi fissarono quelli dello studente con uno sguardo malizioso e dolce). Non è cattiva; tu capisci.... o almeno sembra disinteressata....

— Lei è un bell’uomo, dottore!