Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/256

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ver sognato ch’era lui il ladro, egli cadde lì in ginocchio, convulso, minaccioso. Che avrebbe detto, che avrebbe fatto se in quel momento non fosse entrata Mariana? Avrebbe confessato o mi avrebbe ucciso? Questo non lo so; ma sono certo che egli è colpevole, e spesso ho paura di vedermelo ricomparire davanti....

— Ebbene, senti; e se egli fosse davvero colpevole, che faresti?

— Non lo so ancora. In tutti i casi non toccherebbe a me denunziarlo; toccherebbe al derubato.

— Senti, Jorgj, — disse il prete stringendogli forte la mano e curvando il viso contro il viso di lui, — è proprio Dionisi Oro il colpevole. Adesso vedremo il da farsi.

— Ah, — sospirò Jorgj; e parve liberarsi da un incubo.

Il suo primo pensiero fu per Mariana. Oramai egli poteva comparire davanti a lei puro e lavato da ogni macchia; degno di lei.

— Come ha saputo? Mi racconti, Defraja, mi racconti!

— Ieri mattina presto quando uscivo dalla messa mi si avvicinò ziu Innassiu Arras pregandomi di recarmi al suo ovile per confessare un pastore gravemente malato di polmonite. «Ho pronti qui i cavalli, se vuol venire», mi disse. Partimmo e lungo il viaggio (egli ha l’ovile poco distante dalla chiesetta del Buon Consiglio) mi parlò sempre di te. Mi diceva: «Jorgeddu è venuto a trovarmi in mezzo alle pietre e mi ha sempre difeso e s’è forse rovinato per difendermi; ma io non sono un ingrato; io farò per lui quello che nè Giuseppa Fiore nè la sorella del Commissario riusciranno a fare». Finalmente, dopo queste ed altre frasi incisive, e dopo lunghi silenzi più significativi ancora, mi disse: «Ebbene, devo dirle una cosa, prete Defraja; l’uomo che lei