Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/296

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— Son venuto per quella medicina che mi avete promesso.... Madre vostra deve averla fatta poco fa, al sorgere della luna. E a voi perchè non ve la fa?

La cieca filava sorridendo al filo d’oro che scorreva fra le sue dita: i suoi grandi occhi neri, sotto le folte sopracciglia arcuate, parevano sani.

— Contro il volere di Dio non esiste medicina, — disse sottovoce. — Sia fatta la sua volontà; basta che in questo mondo ci sia la pace; la salute vera sarà nell’altro.

Ma Pretu non la intendeva così: egli era pieno di vita e cominciò a saltellare intorno al «patiu» impaziente di veder zia Martina.

— Lo so chi c’è; Margherita la serva del dottore! Fatemi dunque salire.

— Ah, diavoletto, come lo sai?

— Eh, lo so, — egli disse con aria di mistero; e poichè il convegno fra zia Martina e Margherita si prolungava troppo, egli finse di andarsene, ma deludendo l’attenzione della cieca s’arrampicò sulla scaletta fino al ballatoio sul quale dava la porticina della camera superiore.

La cieca però aveva l’udito fino: lo chiamò due volte e non ottenendo risposta, salì anch’essa a tastoni sul ballatoio.

— «Mama, mama», — disse, — c’è qualcuno.

Pretu, col viso ansioso sull’apertura della porticina socchiusa, aveva già veduto Margherita e la fattucchiera ferme davanti a un tavolinetto coperto da un fazzoletto nero sul quale zia Martina disponeva in semicerchio un mazzo di carte da gioco. La stanzetta non aveva nulla di particolare; ma la lampadina di ferro a tre becchi, appesa alla parete sopra il tavolinetto, pareva un uccello nero con una fiammella per lingua; e l’ombra che si spandeva sul muro, e le figure delle due donne, pallida e triste quella di Mar-