Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/301

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tanto quella visita!) ma provò un senso di sorpresa nel veder l’uomo molto invecchiato, curvo, rammollito.

«Dev’esser malato ed ha paura di morire», pensò nascondendo la lettera sotto il guanciale.

Il vecchio sedette sullo sgabello senza salutare, quasi fosse abituato ad entrar tutti i momenti da Jorgj, e solo dopo alcuni istanti domandò:

— Ebbene, come andiamo?

— Bene, — disse Jorgj con un filo di voce.

E tacquero. Che dovevano dirsi? Troppe cose, per poterle esprimere con semplici parole.

Il nonno tornò ad accomodarsi la berretta, si guardò attorno per accertarsi che era proprio lì, nella stamberga di Jorgj Nieddu, e finalmente disse:

— Non ti rechi meraviglia se son qui: dovevo venir prima, ma molte cose me ne hanno distolto. Io devo domandarti un parere.... Che vogliamo fare, dimmi? Dobbiamo denunziare Dionisi Oro?

Jorgj rispose senza esitare:

— Non tocca a me.

— Sei stato tu il più danneggiato; toccava a te denunziare il colpevole, appena hai saputo chi era. Perchè non l’hai fatto?

— E voi perchè non lo avete fatto?

— Ebbene, Jorgè, ascoltami, parliamoci chiaro. Perchè io fino ad oggi non ero sicuro.

Jorgj sorrise suo malgrado e il vecchio capì il significato di quel sorriso triste e sarcastico. Accostò lo sgabello al letto, accavalcò le gambe e appoggiò le mani al bastone: adesso i suoi occhi splendevano e il suo sguardo andava dritto come un raggio fino agli occhi di Jorgj.

— Tu dirai: vengono adesso questi scrupoli al vecchio rimbambito? Sì, ti vedo queste parole

Deledda, Colombi e sparvieri. 19