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Pagina:Deledda - Cosima, Milano, Treves, 1937.djvu/184

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142 grazia deledda


giunse con voce ancora più lamentosa, — ci sono anche i fratelli, che non ci fanno troppo da sostegno: oh, tu lo sai bene, Elia.

Egli lo sapeva: eppure aveva una fede cieca, un attaccamento appassionato per il signorino Andrea: ed anche la sua voce tremolò quasi di pianto quando ne parlò.

— No, padrona, non si lamenti troppo del signorino Andrea. È buono, posso dire, quasi quanto lo era il signor Antonio: solo, è troppo generoso; è troppo amico di cattivi amici. Ma del resto bada alla roba, e ama le sorelle in modo particolare.

— Bada alla roba? Sì, ma per pigliarsi lui quasi tutta la rendita: e gioca, e va con le male donne. Questa la chiami bontà? Lo chiami amore per la famiglia? Andrea ci lascia appena il tanto per pagare i servi e le tasse. Io non dormo, un giorno o l’altro l’esattore verrà in casa a sequestrare: lo vedo in sogno, ne ho paura come del demonio. Oh, oh: Elia; e tutto questo perché i miei figlioli hanno abbandonato le vie del Signore.

— Lei esagera, padrona: ci sono figli peggiori: tutte le famiglie hanno la loro croce. Il signorino Andrea, dopo tutto, bada alla roba e la fa fruttare: è, dirò così, come un fattore, che si piglia la porzione maggiore. Ma poi metterà giudizio.

— No, Elia, non lo spero. D’altronde, che si fa? Siamo povere donne sole, con quel castigo terribile di Santus: e bisogna pure appoggiarsi ad