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Pagina:Deledda - Cosima, Milano, Treves, 1937.djvu/215

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ama. E chi dice, del resto, che i denari del vecchio non siano suoi? Va, cerca di saper meglio, indaga, cerca, cerca...». Le sembrava di essere aizzata come un cane alla caccia della selvaggina: ma non si moveva, più che mai ferma nel proposito di tener la promessa fatta al vecchio, di non rivelare a nessuno il segreto di lui. Se egli era colpevole, lo era davanti a Dio, e potevano intendersela fra di loro. Per sfuggire meglio alla tentazione, rinunziò anche di andare quell’anno alla vendemmia: persino la madre, tormentata dai pensieri della triste faccenda, stette appena tre giorni nella vigna. Il fidanzato non scriveva più, l’avvocato non si faceva vedere: il corredo già pronto venne chiuso in una cassa, come un morto. Andrea era cupo, preoccupato, più che per il dispiacere, per il discredito della famiglia: quando veniva in casa, le sorelle si nascondevano quasi con paura, come colpevoli delle cose accadute. Ai primi di novembre Cosima rivide in sogno la piccola nonna: era sempre vestita da sposa, col rosario di madreperla fra le mani di bambina. E Cosima aveva sempre il rimorso di non averle dato il caffè, l’ultima volta che era venuta, e si affaccendava a prepararlo: ma la bevanda rigurgitava dalla caffettiera e spegneva il fuoco. «Lascia stare», disse la nonnina: «noi, di lassù, non abbiamo bisogno di nulla. Sono venuta solo per un salutino, e ti porto anche i saluti di Francesco». Francesco era il nome del fidanzato di Bep-