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minciò a gridare la povera donna. — Ah, noi siamo perduti!

— Come? — disse Giaffà con meraviglia. — E non è un canta-di-notte? E voi non ne avete ucciso uno?

— Sciang-ti! — gemeva Pan-a strappandosi i capelli: — aiutami tu, dammi forza e pazienza! Che cosa ho fatto io per procurarmi l’ira tua? E seguitava a lamentarsi disperatamente, mentre l’idiota la guardava a bocca spalancata. Pensava:

— Mia madre è matta! Invece di rallegrarsi per un cosí bel colpo! —

Intanto il baccano cominciava a svegliare qualche vicino.

Pan-a se ne accorse, e la paura del pericolo che correva, le ridonò un po’ di sangue freddo. Chiuse bene la porta e comandò a Giaffà di caricarsi il morto sulle spalle e gettarlo in un profondo pozzo che era nel cortile; Giaffà obbedí, poi andò a letto mormorando: — Pan-a è matta. Ne avremmo avuto per una settimana! —

Pan-a intanto lavò le macchie di sangue, e gettò nel pozzo una capra.

Pan-a era una donna astuta, e sapeva quel che faceva. Spuntava appena l’alba quando la por-