Pagina:Deledda - I giuochi della vita.djvu/24

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Camminavano sempre verso il villaggio. Oramai lo stazzo di Larentu Verre era lontano, dietro il sovero verde della spianata, ma Andrea vedeva sempre davanti a sè le figure dei suoi parenti ricchi, il viso rosso di Millèna, il viso pallido e la corta barbetta rossa di “quell’uomo„ dalla sopragiacca di pelo aperta sul giustacuore paesano, e soprattutto l’odiosa faccia di zia Coanna.

I Verre poveri, come li chiamavano per distinguerli dai Verre ricchi, abitavano una casupola fabbricata sopra un’altura rocciosa, circondata da un muricciuolo sul quale sporgeva un pero selvatico. Davanti si stendeva la campagna, sparsa di ovili solitari, fresca e pura dopo le prime pioggie di autunno. Quell’estremo lembo di villaggio, composto di casette brune, pareva disabitato: non si vedeva anima viva. Solo qualche gallina picchiava il becco sui muri e sulle pietre della via scoscesa.

La madre di Andrea salì svelta i gradini rozzamente scavati nella roccia, aprì la porta e rientrò in casa, mentre il fanciullo, rimasto vicino al muro ombreggiato dal pero selvatico, guardava lontano, verso lo stazzo del Verre. Confuse impressioni gli sfioravano l’anima.