Pagina:Deledda - Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939.djvu/113

Da Wikisource.

menta; e si crede ce ne siano altre. Valgono migliaia e migliaia di scudi. Allora, perchè gli operai o i ladri non se le portino via, io sono qui come guardiano. Ci sto anche alla notte. Ecco.

L’altro aprì la bocca, con un riso muto che mise allo scoperto i suoi denti lupigni: poi la richiuse; si volse a tradimento e diede un altro pugno sulle spalle dell’amico e, mentre questi si drizzava sulla schiena e inghiottiva la saliva per non gridare, disse: — Ho bell’e capito, brutto maramaldo. E non mi ricordavo che eri il più grande bugiardo dei nostri dintorni. E ho creduto alle tue baggianate scritte, e son venuto qui... son venuto qui...

A dire il vero sembrava più disorientato lui dell’altro; il quale prese subito il sopravvento.

— E allora, che sei venuto a fare? Il brutto pecorone sei tu.

Si scambiarono un mucchio di parolacce: dopo di che, però, vennero ad amichevoli confessioni: e il compaesano disse che era venuto con la speranza che l’altro gli trovasse un posto nell’officina, o dovunque fosse: una sinecura che permettesse anche a lui di andare al cinematografo, farsi la fotografia e mandarla a una ragazza dalla quale era stato sbeffeggiato.

— Ci hai soldi? — domandò l’altro. — Coi soldi si trova tutto.

No, non ci aveva nulla, l’illuso; neppure il tanto per il viaggio di ritorno. Allora Michele Paris confessò che anche lui non aveva neppure da mangiare, quel giorno: tutto il suo capitale consisteva nella macchina d’arrotino, ma con


— 103