Pagina:Deledda - Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939.djvu/117

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Saranno cose appartenenti alla vecchia letteratura, ma sono anche vere e, se non eterne, infinite: e il fatto è questo, che la signora Dolfin, quella notte, non poteva dormire, a causa del vento furibondo che scuoteva tutta la casa e pareva la volesse respingere come una nave verso il porto.

— Va’, vecchia carcassa sconquassata; che hai da cercare ancora nell’oceano? È già molto se ti permetto di salvarti, poichè non mi degno neppure di farti naufragare: va’, dietro front.

La casa infatti era vecchia, sebbene ancora solida: solidi i muri, di vero travertino e non di ricotta, diceva il signor Dolfin; ma le aperture e gli infissi tutti spaccati, con fessure per le quali il vento fischiava come un monello fra le dita. Chi, a sua volta, s’infischiava del vento era il signor Dolfin, nella camera attigua a quella della moglie: il fragore del libeccio lo faceva anzi dormire, e, nelle brevi soste di silenzio, si sentiva, come un accompagnamento d’organo in una sacra funzione, il suo russare davvero quasi musicale.

Ma questa sinfonia d’uomo in realtà santo perchè accettava la vita come un dono di Dio,


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