Pagina:Deledda - Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939.djvu/166

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allegria, anzi il mugnaio si trovò ad essere un antico compagno di scuola di uno degli ospiti, e si ricordò la volta che erano caduti entrambi fraternamente in un fosso. E poichè tutti si era diventati amici e fratelli, con grandi grida e sventolii di fazzoletti fu invitato a venire il pescatore; ma egli faceva il difficile, come un vero sovrano di colonie, e anzi, forse credendosi un po’ burlato, fece anche lui vedere una bottiglia, poi se l’accostò alla bocca in atto di bere.

— È piena d’acqua — gridò il mugnaio giovane, minacciandolo col salame che aveva cominciato ad affettare sul dorso di un piatto. Anche le fette del fragrante salume vennero mostrate al solitario isolano, che, con le braccia abbandonate sui fianchi, parve darsi vinto. D’un tratto però, quando si cominciava a lasciarlo in pace, egli balzò giù nel suo scalo da gioco, sciolse la barca e attraversò a volo lo spazio che ci separava. Aveva una gran barba bianca, ma non sembrava molto vecchio: e i suoi denti ancora intatti scintillarono al tramonto, quando egli venne su svelto sulla nostra terrazza, con un fazzoletto umido, entro il quale aveva avvolto qualche cosa. Tutti gli fecero festa: gli batterono le mani sulle spalle, lo volsero e rivolsero come per esaminarlo meglio. Sì, era proprio lui, il vecchio Justin, pescatore di professione, che tutti, da una riva all’altra del fiume, lungo la Valle Padana, avevano sempre conosciuto con la barba di schiuma, gli occhi color d’acqua e la bocca di pesce. Dei pesci aveva anche il saggio mutismo; e, infatti, solo a furia di domande, di colpettini, e soprattutto per virtù di

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