Pagina:Deledda - Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939.djvu/217

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— Morto! — ripeteva l’altro, senza badare troppo alle parole del fratello. — Ma come si fa a morire così? Si chiudono gli occhi, non si respira più. Io non ho mai veduto un morto.

— Si fa così. Si chiudono gli occhi, non si respira più — confermò il fratello: si stese sul terriccio coperto di foglie fracide, chiuse gli occhi, trattenne il respiro. Era pallido, anzi verdognolo, e il fratello lo tirò su, credendolo morto davvero. E stettero fermi, con le ginocchia strette fra le braccia, aspettando con ansia segreta che qualche cosa di nuovo avvenisse. Avevano soprattutto paura del vecchio ex— guardiano: eppure lo aspettavano, poichè l’avevano veduto dirigersi verso la loro casa, e da lui avrebbero appreso altri particolari sul signore morto: e questo signore morto, la cui spoglia avrebbe certo passato la notte nella pensione, destava in entrambi un folle terrore. Durante la notte, anche quando tutta l’allegra gente dell’albergo dormiva tranquilla essi avevano paura dei fantasmi: figurarsi adesso, che c’era un morto vero, sebbene grasso e col ventre pieno.

Di tanto in tanto sospiravano, e più il tempo passava, meno se la sentivano di tornare a casa. E nessuno passava; nessuno a cui aggrapparsi e domandare notizie, pareva che tutti fossero morti, quel giorno: solo essi vivevano, smarriti nel bosco, sul limite del quale s’intravedeva tuttavia il bianco delle case, e fra queste anche la loro. E la mamma che li aspettava, con la canna d’India in mano per accarezzare le loro spalle, e il babbo che sarebbe venuto a cercarli vociando! «Oh, ben venga il babbo!» col suo vo-


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