Pagina:Deledda - Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939.djvu/246

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compiere il proprio dovere civile. In fondo, poi, soffiava il demonio. Pericolo? Per chi? Per la madre o per il figlio? In tutti i casi, forse, le si offriva la vera vendetta. Intanto, senza più aprire bocca, cercò la sua borsa di pronto soccorso, incerta, per un momento, se prendere o no la rivoltella. Non la prese: bussò all’uscio della serva, per avvertirla che usciva, e seguì l’uomo senza parlare.

La casa di lui non era distante, solitaria in riva allo stradone bianco del chiarore liquido della luna. Se Giovanna avesse voluto vendicarsi, nessuno se ne sarebbe accorto. Per il momento ella non vi pensava: quando però vide la casa di lui, con le finestre illuminate, un dolore quasi bestiale la riprese: e i pensieri malvagi, l’odio fiammeggiante, il desiderio di sangue e di morte la fermarono sull’orlo della strada. Sentì paura: paura di sè stessa, di entrare in quella casa e far del male alla donna innocente.

L’uomo dovette accorgersi della sua indecisione perchè si volse a guardarla; e d’un colpo cadde riverso, con le braccia aperte, nero sulla polvere bianca, crocefisso sulla sua ombra.

— Sincope: soffriva di cuore — disse poi il dottore; e con malizia aggiunse: — la preoccupazione per la moglie, e qualche altra cosa lo colpirono.

Qualche altra cosa, sì, e Giovanna sentiva nel nido aggrovigliato e spinoso del suo cuore il serpente del rimorso e il terrore delle forze occulte, con le quali la volontà dell’uomo può, col suo odio, scatenare il male.

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