Pagina:Deledda - Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939.djvu/272

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compagni, nelle saline poco distanti: d’inverno si beveva in tanto buon Sangiovese i guadagni estivi: una bicicletta, un cagnolino bassotto bastardo, chiamato Trombin in omaggio al padrone, una cornacchia nera, con gli occhi celesti, formavano la sua famiglia: e mai famiglia era andata più d’accordo di così: veramente qualche volta la Checca, la bella cornacchia, autoritaria e dispettosa, per semplice gelosia rubava il cibo al cane e lo nascondeva; e durante la notte dormiva appollaiata sul manubrio della bicicletta, spruzzandola di schizzi che parevano di calce. Eppure la più ben voluta era lei; la vera padrona della casa era lei: più del tremebondo Trombin badava lei alla roba del vecchio, che del resto era ben poca, ed egli poteva lasciare aperta la sua dimora, tanto i ragazzi e i grandi, anche, conoscevano le furiose e sanguinose beccate dell’inesorabile guardiana. Del resto tutti nel borgo le volevano bene, la chiamavano passando nella strada, ed essa rispondeva, con gracchi benevoli o cattivi, conforme capiva se i suoi amici erano veri o falsi. A sua volta, specialmente se il vecchio era fuori di casa, essa chiamava il cane, con una strana voce gutturale, e la bestia accorreva al richiamo come a quello di un energico padrone.

Durante il cattivo tempo il salinarolo non andava al lavoro: e quell’anno la stagione era davvero disgraziata, per lui e per tutti: pioveva sempre; la raccolta del sale scarseggiava quindi, e si prevedeva un inverno di carestia: carestia di vino, più che di pane, poichè al pane quotidiano il padre nostro che è nei cieli provvede

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