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Pagina:Deledda - Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1920.djvu/140

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134 la veste del vedovo


gli occhi a momenti teneri, a momenti crudeli, come quelli dei fanciulli che si divertono. Parlava forte, ma la sua voce si sperdeva, divorata dal grande silenzio attorno; un silenzio che stupiva Giula, entro la cui testa ronzavano ancora i rumori della casa del suo padrone. Pareva d’essere in cima a una montagna, in un’ora di quiete quando il vento dorme e laggiù all’orizzonte anche le nuvole dormono adagiate sulla culla del mare.

Qualche cosa di primordiale era intorno e il mondo lontano, il paese lassù, la città laggiù, i padroni, i servi, i ricchi e i poveri, le leggi degli uomini, non esistevano più.

Giula scese dal carro e si scosse le vesti: era piccola ma ben fatta nonostante la sua estrema magrezza, e quando si sciolse il fazzoletto apparve il suo collo bianco venato di azzurro, la treccia pesante che le scendeva dalla nuca. Era bionda, d’un biondo bruciato, brunito del fuoco del forno. L’uomo la guardò e trasalì.

— Giula, — le disse, mentre tirava giù dal carro la bisaccia, — ti rammenti?

Si guardarono sorridendo, e fu il momento più felice di quella prima giornata di nozze.