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168 | il flauto nel bosco |
gnorina che scrive così una lettera voluminosa, sigillata in quel modo, non può che essere innamorata e consenziente. Un rifiuto è scarno, sdegnoso di segreto, e tutt’al più si nasconde per cortesia e non usa sigilli dorati. — Ella lo vuole. Finalmente lo vuole, Dio sia ringraziato — pensa la nonna, piegando la testa: e il sole le accarezza anche la testa di argento e pare proseguire il pensiero di lei: — sì, nonna, ella lo vuole; e tu puoi alfine riposarti, metterlo nelle sue braccia come tu lo hai ricevuto dalla tua figlia morente: puoi alfine dormire e stare sempre al sole laggiù.
Laggiù, si vedeva dalla finestra, era la cittadella bianca di quelli che non aspettano più; coi suoi verdi merli di cipressi, su uno sfondo di monti così azzurri che sembravano i monti del paradiso.
Ella cominciava a sonnecchiare, quasi prendendosi un acconto del grande riposo; ma d’un tratto l’orologio a pendolo, che palpitava incessante nella quiete della piccola sala da pranzo, suonò rapido le ore, e a lei parve di sentirsi battere sulle spalle con una verga di metallo. Trasalì e fu ripresa da tutte le inquietudini della realtà.
Il ragazzo tardava. Non era la prima volta che tardava; ma non per questo l’inquietudine di lei s’illudeva. Erano tutti e