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Pagina:Deledda - Il nonno, 1908.djvu/209

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la medicina 207

che ti ho dato! Ecco tutto: ti giuro, è la verità, come è vero Dio, come è vero il sole, come è vero...»

Egli non l’ascoltava più: cadde a sedere sul gradino della porta, e si strinse la testa fra le mani. Signore, Signore! Ecco, finalmente egli ricordava le parole che il dottor Suelzu aveva detto a Lia:

«Tutti i malati come Maria Comita devono morire; l’opera più pietosa che uno possa fare è di ucciderli».

Ed infatti gliel’aveva uccisa, la sua povera creatura! Egli rivedeva ora la disgraziatissima fanciulla, pallida, con le palpebre azzurre e la bocca sorridente: senza dubbio la medicina data dal dottor Suelzu era la polvere dell’erba sardonica! Maledetto, maledetto! Che fare, ora? Denunziarlo? Denunziare la fattucchiera? Denunziarsi? Andrebbero tutti e tre all’ergastolo od al manicomio. Questa idea lo fece rabbrividire; aprì gli occhi, scosse la testa, gemette.

La donna gli posò una mano sulla spalla.

— Pazienza, vecchio! È stato un errore; ma tutta la nostra vita è un errore!...

— Vattene! — egli urlò.

E chiuse di nuovo gli occhi e si mise a gemere:

— Povera, povera! Tu sorridevi, anima mia bella: ti hanno dato la polvere dell’erba sardonica che fa morire ridendo...

Poi, sembrandogli di vedere la figura strana del dottor Suelzu, gridò, stringendo i pugni:

— E a te, assassino, a te, pazzo, chi te lo dà il veleno?