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76 grazia deledda


tita: al posto del mio protagonista avrei fatto lo stesso. Anzi le dirò di più: ho sognato la mia novella. L’impressione di questo sogno fu così profonda in me, che per lungo tempo credetti di aver realmente veduto la figura del condannato che implorava da me pietà. Ancora la rivedo, questa figura, che mi benedice e mi augura fortuna. Sempre che sono stato infelice e invano ho anelato a un po’ di affetto e di carità umana, la profezia del condannato mi è tornata amaramente alla memoria e mi è parsa una ironia del destino: ma oggi comincio a credere che il mio sentimento di pietà verso il prossimo non sia stato vano. Tutte le ore arrivano, ed anche per me è arrivata un’ora di gioia. Oggi comincio a vivere; mi pare d’essermi svegliato da un lungo sonno, e sento una forza misteriosa svilupparsi in me. Credevo d’essere solo, esiliato nella vita, e ritenevo che la tanto decantata gioia di vivere esistesse solo nei romanzi sentimentali; invece sento che la voce del mio spirito può attraversare, ha anzi attraversato lo spazio ed ha richiamato la risposta di altri spiriti fratelli; e basta quest’idea - più che l’orgoglio di sapere il mio modesto lavoro conosciuto in terre lontane - per farmi amare la vita.

«Grazie, dunque, gentile signora, del bene che Ella mi ha fatto, e mi creda il suo riconoscentissimo

Serafino Rossi».