Pagina:Deledda - Il nostro padrone, Milano, Treves, 1920.djvu/101

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— Sono stato nella mia tanca, e adesso vado dove mi pare e piace.

Predu Maria sorrise perchè sapeva che la tanca Moro non sarebbe mai appartenuta al suo ex compagno di pena; tuttavia seguì con uno sguardo quasi d’invidia quella figura un po’ cascante, abbandonata con indolenza sulla sella del cavallino energico e risoluto che pareva s’incaricasse di portare il suo cavaliere ove questi voleva arrivare.

— Egli no, non s’abbasserebbe mai a questo! Prima s’impiccherebbe! — pensò tornando al suo lavoro; e gli parve che la scure gli pesasse in mano, e il suo viso riprese la solita maschera di tristezza e di scontento.

Poco dopo passarono di là lo speculatore e il capo‐macchia, e il primo domandò a Predu Maria notizie sul suo paese, sui boschi di alcuni proprietari suoi compaesani, e se conosceva la nonna di Antonio Maria Moro.

— Conosco il nipote, che poco fa è passato di qui, dopo essere stato nella sua tanca.

— Come, la tanca è sua?

— Egli così dice!

— Non credo, — disse il Perrò. — Egli non la lascerebbe nello stato in cui adesso si trova. Non è un giovane ignorante.