Pagina:Deledda - Il nostro padrone, Milano, Treves, 1920.djvu/276

Da Wikisource.

— 270 —


non potrei averne.... Mia madre mi spia come un guardiano di carcere e vede anche i miei pensieri....

— Se li vedesse tutti non sarebbe così tranquilla! — disse Predichedda buttandole addosso qualche bacca di mortella e sorridendo in modo equivoco. Sebastiana curvò la testa e disse:

— Ti giuro, non ho mai commesso una colpa. Mia madre mi rovinò perchè vide nella mia cassa i regali del vecchio avoltoio. Come io era sciocca davvero, in quel tempo! Avrei potuto divertirmi, innamorarmi, cercarmi un bel marito: invece pensavo.... Basta, ho scontato il mio errore, te lo assicuro!

— Tuo marito è un uomo buono, che ti vuol bene: che vuoi di più?

— Ed io non lo odio, no, ma che vuoi, quando lo vedo non mi esalto, non sento il sangue corrermi tutto al cuore, non sento il piacere che provo.... quando....

Ella s’era fatta rossa come i frutti del corbezzolo, e Predichedda finì la sua frase:

— Quando stai vicino.... all’altro!

— Ah, zitta! Zitta o t’affogo! — gridò Sebastiana; e la sua voce risuonò nel luogo deserto come un grido di allodola. Ma subito riprese sottovoce: — ebbene, che male c’è? È colpa mia? Io gli volevo