Pagina:Deledda - Il nostro padrone, Milano, Treves, 1920.djvu/288

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geloso. Ah, ella si divertiva! Ella non era inquieta e triste come lo era lui: ella forse aveva un appuntamento con qualche mascherotto selvaggio, e avrebbe ballato e riso, senza ricordarsi di altro.

In apparenza indifferente e calmo, cominciò ad andare su e giù per il Corso, tra la folla che diventava sempre più fitta e varia. Le due cuffiette correvano e saltavano davanti a lui, fermandosi talvolta in mezzo ai gruppi di mascherine accompagnate da uomini che suonavano e ballavano, e ad un tratto egli vide il nastro celeste volteggiargli attorno, assieme con la testa di un frate, e sentì un impeto di gelosia e di tristezza, e il suono delle fisarmoniche gli sembrò una nenia funebre. Gli parve d’essere come un esule, in mezzo alla folla mascherata e allegra; un esule melanconico, straniero a tutti, da tutti trascurato.

Tutti si divertivano, attorno a lui; sotto quelle maschere di cera, immobili e macabre, palpitavano visi di donne belle, bocche frementi di riso e di voluttà: egli solo, sotto la sua maschera d’uomo vivo, nascondeva l’aspetto funebre dei morti che camminano ancora. E a poco a poco, mentre la cuffietta celeste gli passava e ripassava davanti come una grossa far-