Pagina:Deledda - Il nostro padrone, Milano, Treves, 1920.djvu/345

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silenziosa come una farfalla; e antichi ricordi gli risalivano dal cuore, e gli pareva di rivedere la cucina della piccola locanda del suo paese e la servetta silenziosa e timida....

Quanto tempo era passato! Egli si domandava se Marielène, diventata padrona, fosse più felice di quando era servetta: forse egualmente infelice, meno simpatica certo. Eccola là, col viso piccolo e scarno colorito da uno strano rossore giallognolo: i suoi occhi hanno uno sguardo vago, stanco, eppure avido, e la sua fisonomia e la sua personcina vibrante rivelano un’eccitazione morbosa, la smania di arrivare a far tutto, di guadagnare, di accumulare....

— Ella ha dimenticato ogni altra cosa, persino che suo marito è malato, che la vita è breve....

Ma a un tratto egli cessò di osservare la padrona accorgendosi che la cuoca a sua volta lo osservava.

— Era un bel po’ che non tornavi in paese! — ella gli disse, mentre Marielène correva nella sala da pranzo.

— Eh, come si fa? Non si può scendere tutti i giorni! Si vorrebbe, magari, ma non si può....

— Fai bene, fai bene: prima di tutto il dovere. E adesso ti tratterrai, almeno?

— Fino a domani.