Pagina:Deledda - Il nostro padrone, Milano, Treves, 1920.djvu/38

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— Dunque, che abbiamo di nuovo? — ella domandò con voce dolce e affettata. — Ti sei storto il piede, Antonio Maria? Bada che un giorno o l’altro ti romperai anche il collo.

— Voi me lo riattaccherete, — egli disse, galante e beffardo. — È questo bravo ragazzo che ha bisogno di voi.

Ella rialzò sui polsi grassi e bianchi i polsini ricamati della camicia, e da buona medichessa si lavò le mani e si spazzolò le unghie; indi pregò il Dejana di stendersi sul lettuccio, ed a lungo, silenziosa e impassibile, gli esaminò e palpò il piede slogato; poi volle un po’ d’olio tiepido e una fascia, e per qualche minuto praticò una specie di massaggio intorno all’osso spostato. All’improvviso sollevò le dita unte d’olio, respinse ancora i polsini della camicia e afferrato il collo del piede malato lo tirò come volesse allungarlo.

Predu Maria diede un grido di dolore, e gli parve che ella gli avesse staccato il piede dal malleolo.

— Stia fermo, — ella disse con calma, — perchè grida così? E poi dite di esser uomini! Voi non siete forti che davanti al piacere.

Ma questa sentenza non convinse il paziente, che continuò a smaniare finchè la