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Il Fanti aggrotta lievemente le sopracciglia, come sforzandosi a ricordare di che si tratta: vorrebbe prendere la cosa alla tragica e forse rispondere con parole severe; ma forse, anche, pensando a me, al mio male solo momentaneamente placato, ed al luogo, alla circostanza in cui ci troviamo, si accende tutto di un sorriso malizioso e risponde:
— Egregio signor Emanuele, il cormorano è tanto mio che suo.
La gente intorno capisce, e, senza badare alla drammaticità della cosa, ride: per approvazione, il signor Nele, che ha venduto ben parecchie medicine al disgraziato di cui si parla, batte la soffice mano sulla spalla del cieco; ed io, ricordando di aver una volta provato dispiacere nel sentir chiamare con nomi di uccellacci il mio ideale malato, adesso ne provo una malvagia soddisfazione.
Ma bisogna oramai pensare ad altro: e invano il demone della recente disillusione mi suggerisce di guardare con occhi diffidenti l’umanità sana e festosa che