Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/140

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ti dalla zia, e non voglio portar via con me nulla di non mio: il mio corpo solo, nudo, corpo caldo e forte, ben fatto e odoroso di giovinezza, eppure già da tanto tempo cadavere.

Adesso però, ricordandomi, mi pare che anche nel gettarmi in acqua, e nell’avanzare e nel vedere le mie membra deformarsi e come sciogliersi nella trasparenza tremula delle onde, non avessi l’angoscia della morte.

Dentro di me speravo ancora. Pensavo d’aver sentito dire che gli annegati in punto di morte ricordano d’un tratto tutte le cose più belle e angosciose della loro vita: e io ricordavo il giardino e il tempietto dove avevo veduto i due amanti baciarsi, e gli occhi di Fiora, e la vigna illuminata dalle lucciole e quando Tobia mi aveva dato i denari, e infine il momento in cui mi accorsi d’esser derubato; ma non mi commovevo troppo; mi pareva di fare semplicemente un bagno; mi attardavo, cercavo ancora di toccar la sabbia coi piedi. Poi mi prese un senso di rabbia contro la mia incertezza: mi avanzo, sento l’acqua penetrarmi nelle orecchie, negli occhi, nelle narici; mi abbandono e apro la bocca e bevo come se bevessi del veleno.

L’istinto mi portava su; sentivo le mie membra agitarsi