Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/166

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bene e che la nostra comune disgrazia ci unisce come una parentela. Io vivevo qui e mi pareva di essere già morta quando mio padre mi diede da leggere quel tuo foglio: m’è parso allora di sentire una voce lontana che mi chiamasse, e dissi a me stessa: voglio far del bene a questo ragazzo così solo nella vita. Allora ho creduto di rivivere. Poi tu sei venuto: ho imparato a conoscerti, ad apprezzarti, e adesso sono felice della tua amicizia.

Ma perché dopo la tua ultima lettera tu non ti sei fatto più vivo?

Sei malato e ti sei pentito della tua confidenza? Manderò mio padre a prendere tue notizie; anche lui ti vuol bene e approva il mio desiderio di aiutarti.

Ascoltami, caro ragazzo; ti chiamo così perché posso esserti madre, e tu dunque ascoltami attento. Anch’io non sono una donna felice come sembro all’apparenza: e non è la mia infermità che mi tormenta, perché oramai ci sono abituata; ho tutto, ma mi manca la miglior cosa. Mio padre, poveretto, è buono, è come un fanciullo, ma la sua compagnia non mi può bastare; eppoi lui ha anche il bisogno di stare molto all’aperto, sta poco in casa, ed è vecchio: morto lui sarò completamente sola. Questa è la