Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/187

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chiamata, una visita: andavo sempre ad aprire la porta come se là fuori mi aspettasse un essere misterioso che portasse un messaggio al destino.

E un giorno, finalmente, mentre la zia stava peggio del solito, vedo davanti alla nostra porta una donna di campagna, secca, nera come un’araba, con una gonna larghissima, un grosso nodo di capelli neri sulla nuca e due grandi cerchi d’oro alle orecchie. Teneva in mano una lettera e guardava il numero della nostra casa. Vedendomi domandò qualche cosa, e non ottenendo risposta non si sorprese: doveva essere bene avvertita di tutto.

La feci entrare e lessi la lettera ch’ella mi porgeva. Era del nano: mi diceva che in seguito alla mia necessità di procurarmi una balia forte e sana mi mandava quella. Aggiungeva le condizioni: tanto al mese, buon trattamento, regali e mancie. Infine avvertiva che potevo trattenerla, se credevo, perché la bambina mi verrebbe portata verso sera.

Una bambina! Era dunque una bambina. Era già nata!

Di tutto il messaggio non capivo che questo.

Stetti a lungo con gli occhi fissi sul foglietto, come sprofondato in un sogno. Quando li sollevai