Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/206

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via la bimba da quella casa e metterla a balia per conto mio, le dirò ogni cosa, alla zia, e lei sarà contenta.

Intanto ero contento anch’io, d’una contentezza strana, grottesca, da folle: oltre alla liberazione della mia coscienza da quel peso che me la schiacciava notte e giorno, di aver venduto la mia creatura, pensavo alla rabbia, alla sorpresa, al dispetto dei miei creditori nel vedersi derubati della bimba, ch’essi avevano già adottato con tutti i mezzi legali. Mi veniva da ridere.

Adesso bisognava però saperla davvero portar via, senza lasciar traccia: la cosa non mi sembrava difficile; solo che non volevo esser veduto, volevo operare di sera, e questo mi dava da pensare.

Cammino, cammino nella pineta: bisogna dire che io non ero molto pratico del luogo perchè avevo sempre preferito passare le mie giornate in riva al mare. La pineta è grande, in qualche punto ridotta, per poca cura, allo stato selvaggio, con folte macchie di tamerici, di rovi, di ontani: una rete di piccoli sentieri l’attraversa in tutti i lati; ma sono tutti eguali, questi sentieri, e la stessa uniformità del paesaggio, coi pini regolari inclinati, a file come un esercito un po’