Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/218

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creatura; e qualche cosa in fondo a me ghignava. Ma possibile che Dio grande infinito avesse raccolto la sfida dell’ultimo degli uomini qual ero io? Egli che aveva da badare a tanti astri, a tante foreste, a tanti oceani, s’era accorto di me che andavo nell’ombra come un insetto notturno?

Non è vero, non è vero, la bambina non è morta; non l’ho soffocata con la violenza del mio inutile amore; come potevo soffocarla, io che volevo salvarla? È ancora una illusione della mia fantasia; tutto è illusione in me.

Intanto arrivo davanti alla casa; mi sembra di riconoscere il luogo, lo spiazzo sabbioso, gli scalini della porta. È la casa del dottore!

Sulle prime mi assale un senso quasi di gioia, di viva speranza: è Dio che mi ha condotto qui; posso picchiare, far guardare la bimba dal dottore, farla tornare in vita: si può credo: il vecchio marinaio non mi ha ridato il respiro, la volta che mi sono annegato?

Ma tosto ritorno nell’ombra, e mi ritraggo per non essere veduto. Se la bimba è morta l’ho uccisa io, e non devo farla vedere a nessuno. Ma è morta davvero?

Torno in avanti e vado dove c’è il chiarore diretto della finestra...