Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/219

Da Wikisource.

Ricordavo sempre la notte tragica, la luce della finestra di Fiora, il sasso col biglietto.

Qui la luce era meno chiara perché i vetri erano chiusi: ma abbastanza per lasciarmi scorgere distintamente il viso della bambina. E quel viso era scuro, come coperto di un velo violaceo: dalla piccola bocca continuava ad uscire del latte; gli occhi socchiusi erano duri; bianchicci, come anch’essi annegati nel latte.

Mi sembrò che il cuore mi si sciogliesse in sangue e quel sangue mi riempisse la gola e volesse sgorgarmi dalla bocca come il latte dalla bocca della bambina; e un grido infatti mi uscì: un grido che mi parve la voce di Dio e mi fece fuggire.

Quanto tempo errai nella pineta cercando l’ombra più fitta come per dileguarmi per fondermi, ombra anch’io, nelle tenebre, non so. So che quest’ombra completa non riuscivo a trovarla: una luce, mille luci tremolavano nell’anima mia smarrita, come le stelle nel firmamento scuro. E quell’impressione di aver sentita la voce di Dio nella mia voce stessa non mi abbandonava.