Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/220

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E avevo paura di ritentar la prova. Ma tutto adesso parlava: sentivo il rumore dei miei passi, il fruscìo delle foglie, e un suono lontano che dapprima mi sembrò fosse dentro di me: il mormorio del mare.

Poi d’un tratto mi fermai, pronunziando parole vaghe, confuse, come quelle dei bambini che cominciano a parlare.

La gioia era tale che vinceva il dolore. Per alcuni momenti dimenticai di aver la bambina morta fra le braccia. Eppure ripresi a camminare: e andavo o credevo di andare ancora verso le colline, verso il fiume, in cerca della casa della balia!

Ecco di nuovo infatti l’orizzonte schiarirsi: il cielo si faceva azzurro, le chiome dei pini vi si disegnavano nere come nuvole basse che pur lasciavano trasparire un chiarore sempre più vivo: finché d’un tratto la pineta cessò con una sola fila di pini che pareva si fossero fermati lì protesi a salutare un essere invisibile che passava nella strada bianca illuminata.

Quella strada, quel chiarore, mi fecero paura e nello stesso tempo mi richiamarono alla realtà.

Qualcuno poteva vedermi e fermarmi: d’altronde che cosa cercavo da quella parte? Case non