Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/24

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Avevano già cenato, perch’egli quando tardava a tornare voleva non lo si aspettasse: andò quindi a sedersi davanti alla tavola ancora apparecchiata, nella stanza attigua che pareva il refettorio di un convento tanto era lunga e nuda: e la più vecchia delle donne lo servì.

Un lume ad olio a tre becchi, alto sul suo stelo di rame come un giglio dorato, rischiarava con la sua luce quieta le pareti imbiancate con la calce e la tavola ricoperta di una grossa tovaglia di lino: tutto era antico e primitivo lì intorno: la stessa serva vestiva come un’ancella della Bibbia; ma il suo viso tutto a punte esprimeva una malizia quasi perfida, e il padrone s’accorse subito ch’ella lo guardava aspettando, anzi provocando il momento di dirgli che lei non credeva alla storia del ritrovamento del bambino in mezzo alla strada.

Non credeva mai a nulla di quanto le si raccontava, la vecchia Elisabetta; perché una volta da ragazza, nel tempo dei tempi, era stata ingannata da un uomo. Per conto suo era fidata e sincera; i padroni avevano piena fiducia in lei, tanto che era lei, si può dire, la vera padrona di casa: Davide, anzi, la temeva un poco perch’ella influiva molto sul carattere già melanconico e sognante di Bona. La temeva ma non la rispettava, perché